
Retroscena
L'ultima spiaggia del cellulare – parte 2: come smaltire le sostanze inquinanti
di Martina Huber
Oro, argento, rame – i vecchi telefoni cellulari contengono moltissimi materiali preziosi che devono essere recuperati. Il riciclo delle batterie al litio rappresenta una delle sfide più ardue, perché possono prendere fuoco e addirittura esplodere se vengono danneggiate.
Ci troviamo presso l'ecocentro Solenthaler Recycling AG (Sorec) di Gossau, Canton San Gallo, una delle quasi 20 imprese di riciclaggio che smaltiscono apparecchiature elettriche ed elettroniche in Svizzera. Voglio vedere con i miei occhi cosa succede ai cellulari e ad altri dispositivi usati, dopo averli consegnati in un negozio o in un punto di raccolta.
Sul piano riscaldante del banco di lavoro di sicurezza, stanno per essere aperti sette smartphone. Jean-Pierre ne afferra uno, porta la parte inferiore del dispositivo verso un punteruolo di metallo fissato al piano di lavoro e dà qualche colpo di martello per cercare di inserire un cacciavite nella fessura che si è così creata nella scocca del telefono. Dopo aver fatto un po' di leva, ecco che lo smartphone si apre in due e mostra i suoi componenti interni. La batteria al litio è saldamente incollata, ma sul piano riscaldante la colla si scioglie e Jean-Pierre riesce a rimuoverla senza danneggiarla. «Una batteria al litio inizia a scaldarsi già al minimo stress di torsione», spiega. «A volte brucia o addirittura esplode se viene danneggiata». Per questo Jean-Pierre mentre lavora indossa dei guanti, una visiera di sicurezza ed è protetto da un aspiratore speciale che in caso di esplosione risucchia gas bollenti e corrosivi. Inoltre, ha un estintore sempre a portata di mano.
Le vecchie apparecchiature elettriche ed elettroniche che troviamo a Gossau sono solo una goccia in un oceano: nel 2019 nel mondo si è creato il volume mostruoso di 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. I dati emergono dall'ultimo «The Global E-Waste Monitor 2020», pubblicato a luglio dall'Università delle Nazioni Unite, dall'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) e da altre istituzioni.
Significa che ogni persona di questo mondo nel 2019 ha prodotto 7,3 kg di rifiuti elettronici. E secondo i dati ufficiali, solo il 17,4 percento di questo materiale è stato riciclato e nessuno sa esattamente cosa sia successo al restante 82,6 percento. Se continuiamo di questo passo, il problema si aggraverà ulteriormente in futuro: secondo il rapporto sopra citato, negli ultimi anni il consumo globale di dispositivi è aumentato costantemente. Se andiamo avanti così, nel 2030 arriveremo a 74 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici all'anno nel mondo, che corrispondono a circa 7 400 volte il peso della Torre Eiffel.
Le apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) sono diventate una parte essenziale della nostra vita quotidiana. È grazie ad esse che gran parte della popolazione mondiale può beneficiare di un tenore di vita più elevato. Ma il modo in cui produciamo, consumiamo e smaltiamo rifiuti elettronici non è sostenibile:
Si tratta di vecchi apparecchi contenenti sostanze inquinanti come il mercurio, i PCB o gas atmosferici che contribuiscono all'effetto serra globale oltre 1 000 volte in più del CO2. Questi dispositivi obsoleti contengono materiali preziosi che possono sostituire le materie prime se vengono recuperati. Il rapporto stima il valore di oro, rame, ferro e altre materie prime dei rifiuti elettronici del 2019 a 57 miliardi di dollari statunitensi. È un motivo sufficiente per approfondire l'argomento.
Trovo dati dettagliati sulla Svizzera nel Rapporto tecnico del 2020 (disponibile in tedesco, francese e inglese) dei tre partner di smaltimento SENS, Swico e SLRS. Secondo questo studio, il 95 percento dell'apparecchiatura elettrica ed elettronica in Svizzera viene consegnato presso punti di raccolta o rivenditori specializzati e trattato dalle aziende di riciclaggio. L'anno scorso sono state smaltite 127 000 tonnellate di vecchi apparecchi, ossia circa 15 kg per abitante. La cifra totale include 35 800 tonnellate di grandi elettrodomestici come forni e lavatrici, 19 900 tonnellate di frigoriferi, congelatori e condizionatori d'aria, 28 700 tonnellate di piccoli elettrodomestici e 41 000 tonnellate di dispositivi elettronici, che comprendono 5 176 tonnellate di stampanti, 1 233 tonnellate di computer portatili, 4 649 tonnellate di monitor per PC e 124 tonnellate di telefoni cellulari. Questi ultimi sono aumentati del 6 percento rispetto al 2016, anche se l'aumento sarebbe più significativo se il peso medio dei cellulari non fosse contemporaneamente diminuito.
Cosa succede a tutti questi dispositivi? Quali altri materiali riciclabili troviamo al loro interno? E che dire delle sostanze inquinanti? La visita all'ecocentro Sorec di Gossau dovrebbe darmi almeno un'idea su questi argomenti. Così un pomeriggio di settembre vado a visitare questo centro di riciclaggio, oltre al punto di raccolta ad esso annesso e l'impianto di rottamazione Dock di San Gallo, nel quale i vecchi apparecchi vengono smontati manualmente dopo la raccolta, prima di essere smaltiti meccanicamente da Sorec. E proprio qui si trova il banco di lavoro di sicurezza, sul quale Jean-Pierre smonta dispositivi potenzialmente pericolosi, ossia smartphone, tablet o e-book che possono essere aperti solo con la forza e nascondono batterie al litio saldamente incollate.
Circa due tonnellate di questi dispositivi vengono smontati qui ogni anno, spiega Markus Stengele, tecnico ambientale e responsabile di qualità e ambiente presso Sorec. È attivo nel riciclaggio dei rifiuti elettronici da oltre vent'anni, durante i quali la percentuale di vecchie apparecchiature contenenti batterie al litio o accumulatori al litio è aumentata a dismisura. «Probabilmente non esiste persona addetta al riciclo di rottami elettronici che non abbia mai avuto a che fare con un incendio causato da una batteria al litio», afferma. «Diventa pericoloso se le batterie vengono danneggiate, se si surriscaldano troppo o se avviene un cortocircuito. In tal caso possono incendiarsi». Il punto di fiamma dei solventi in esso contenuti è simile a quello dell'alcol denaturato, e una batteria al litio contiene circa dieci volte l'energia immagazzinata sotto forma di energia termica, spiega Stengele.
Proprio a causa di questo pericolo di incendio, le batterie che Jean-Pierre rimuove dai dispositivi finiscono in un barile d'acciaio approvato dall'ONU. È alto circa un metro ed è già pieno per tre quarti di batterie e di sabbia argentata che ricorda quella utilizzata per le lettiere dei gatti. «Vermiculite», spiega Stengele e afferra alcuni di questi granelli argentati mostrandomi quanto si deformano facilmente se premuti tra pollice e indice. «È un materiale deformabile e leggero come il polistirolo. Isola, protegge dagli urti, assorbe i liquidi in uscita e, se mai dovesse infiammarsi una batteria, si fonde attorno ad essa formando uno strato protettivo. E ha il vantaggio di non decomporsi durante il trasporto».
Sono state usate anche perle di vetro espanso come materiale di riempimento, spiega. «Sono anch'esse efficaci in termini di isolamento. Ma il problema è che durante il trasporto, tutte le batterie finiscono in fondo al barile e le perle rimangono in superficie». Il fusto è rivestito di una pellicola di plastica per evitare il contatto diretto tra acciaio e batterie e i conseguenti cortocircuiti. La valvola di sfiato del coperchio consente la fuoriuscita di gas prodotto in caso di incendio. «Così possiamo immagazzinare e trasportare anche batterie più potenti, come quelle delle bici elettriche, senza temere che tutto vada in fiamme».
In questi fusti d'acciaio, le batterie vengono trasportate e consegnate alla Batrec Industrie AG di Wimmis, Canton Berna, dove vengono sminuzzate in atmosfera protettiva e trattate in modo che non vi sia più alcun pericolo di incendio, spiega Stengele. I componenti vengono poi inviati all'estero in un impianto specializzato nel recupero del cobalto, mentre il litio viene perso durante questo processo. «Il cobalto è uno dei minerali sporchi», afferma Stengele. Spesso viene estratto in condizioni molto discutibili, ad esempio nella Repubblica Democratica del Congo, dove bambini e adulti rischiano la vita per trasportarlo in sacchi di juta lungo tunnel artigianali e pericolanti. Inoltre, ha effetti piuttosto tossici. Si tratta comunque di un metallo molto richiesto per la produzione di batterie ad alte prestazioni e con l'aumento della mobilità elettrica, probabilmente, diventerà ancora più importante in futuro. Le batterie al litio potrebbero essere prodotte anche senza cobalto, ma avrebbero una densità di potenza inferiore. Le batterie di telefoni cellulari, tablet e computer portatili solitamente contengono cobalto. «Il cobalto è prezioso, quindi dovremmo recuperarne il più possibile».
Nelle piastre a circuito stampato di computer, tablet e smartphone si trovano oro, platino, rame e altri metalli preziosi. «Un vecchio cellulare è molto più di un semplice smartphone», afferma Stengele. «Nei circuiti stampati di trent'anni fa, si trovano pennellate d'oro. Oggi c'è solo un accenno d'oro sui contatti». Ma gli smartphone attuali sono preziosi anche per il resto dei componenti. Quando è possibile, Jean-Pierre rimuove il display e i componenti in plastica, oltre alle coperture e agli alloggiamenti in metallo. I primi finiscono nell'inceneritore e i secondi nell'impianto di smistamento proprio dell'azienda. Il resto viene inviato in Belgio alla fonderia Umicore, una delle tre fonderie europee specializzate nel recupero di metalli preziosi da circuiti stampati e altri componenti elettronici.
Secondo Heinz Böni, che dirige il gruppo di ricerca sui materiali critici e sull'efficienza delle risorse presso il Laboratorio federale svizzero di prova dei materiali e di ricerca (Empa), in questi impianti di fusione è ora possibile recuperare circa 20 metalli diversi grazie alla tecnologia del processo multistadio. «Un singolo cellulare contiene poco metallo, ma una tonnellata di vecchi cellulari contiene circa dieci volte più oro di quello estratto da una miniera d'oro. E anche altri metalli sono più concentrati nei vecchi telefoni cellulari che nei minerali provenienti dall'estrazione primaria».
Secondo Judith Bellaiche, amministratore delegato dell'associazione di categoria Swico, che organizza la restituzione e il riciclaggio di apparecchiature informatiche, elettronica di consumo, dispositivi per ufficio e di telecomunicazione, ogni anno vengono recuperati in media 150 kg d'oro dai telefoni cellulari e da altre apparecchiature elettroniche di scarto: «Sembra poco, ma pensando a quanto sia dannoso l'oro per l'ambiente quando viene estratto, fa una grande differenza. Negli ultimi dieci anni, siamo stati in grado di risparmiare un totale di 38 milioni di tonnellate di CO2 recuperando materie prime da vecchie apparecchiature elettroniche».
I vecchi apparecchi contengono dunque materie prime preziose che devono essere recuperate. Ma questa è solo una parte della storia. L'altra faccia della medaglia è che ci sono altre materie prime come il neodimio o l'indio, che appartengono alle cosiddette terre rare, che non vengono ancora quasi mai recuperate, anche perché farlo non è economicamente redditizio. Oltre al fatto che il riciclaggio di vecchi apparecchi funziona bene qui in Svizzera, ma non ancora in molte altre parti del mondo, e al fatto che l'estrazione delle materie prime utilizzate nei nostri apparecchi sia molto dannosa per l'ambiente e che molte apparecchiature della ricca Svizzera vengano riciclate, anche se potrebbero essere ancora utilizzate. Tutte queste tematiche verranno trattate nelle prossime quattro parti della serie di articoli da me pubblicati. La prossima parte riguarderà gli inquinanti che si trovano nelle nostre apparecchiature obsolete e spiegherà quanto sia difficile rimuoverli.
Come giornalista scientifica freelance, amo scrivere articoli sulla salute, l'ambiente e la scienza.