

Devialet Dione: non hai mai visto (né sentito!) una soundbar così

«Subwoofer esterno? Non hai bisogno di aggiungerlo, se è già integrato». Sembra una delle tipiche false promesse del marketing. O almeno così pensavo. Ma dopo il test non ne sono più così sicuro.
Devialet pensa di essere un’azienda innovatrice nel settore audio. In effetti questo marchio francese di specialisti è tra i pochissimi che tenta di unire lusso, design e tecnologia d’avanguardia. Sia che si tratti di altoparlanti, di cuffie o di amplificatori audio.
O, appunto, di soundbar. Ecco a voi la Dione.

La Dione è enorme. Pesante. Con un design unico. E incredibilmente costosa: 2400 franchi al momento di questo test. Eppure potrebbe accontentare persino gli esigenti timpani degli snob dell’hi-fi, quelli che appena sentono la parola «soundbar» di solito storcono il naso. Il merito è dei 950 watt e degli addirittura 17 (!) speaker high-end, che insieme danno vita a una configurazione surround a 5.1.2 canali. Come a dire che se hai una Dione non ti servono altri altoparlanti. Almeno questo è il mantra di Devialet. Chissà se dopo il test sarò della stessa idea?
Una soundbar con... un detonatore termico?!
Inizio dicendo che finora non sapevo molto dei prodotti Devialet. Quello che però ormai riconosco sempre è il loro elemento distintivo: la sfera. È dappertutto. La trovi negli [altoparlanti Phantom] di Devialet(/s1/product/devialet-phantom-i-108-db-opera-de-paris-airplay-2-wlan-bluetooth-avrcp-multiroom-system-17448579), negli altoparlanti Bluetooth Mania che il collega David ha appena testato con un verdetto tutt’altro che euforico.
Nella Dione la sfera troneggia al centro della soundbar rettangolare. Secondo le colleghe e colleghi, ha un design che ricorda quello di una livella a bolla. In qualità di fan di «Star Wars», però, a me sembra più una soundbar con un [detonatore termico] (https://lumiere-a.akamaihd.net/v1/images/databankthermaldetonator01169263981fd.jpeg) incorporato. Un paragone che mi soddisfa molto di più. Forse il design mi piace anche a causa della mia deformazione professionale: ormai ho visto e testato così tante soundbar che mi lascio entusiasmare più spesso da nuove idee che vadano oltre il semplice «rettangolo dalla superficie lucida».

Fonte: Luca Fontana
Ma cosa c’è esattamente dentro la Dione? Come ho già detto: 17 speaker di fascia alta. Ben otto sono i subwoofer a lungo raggio con cestello in alluminio pressofuso. Non avevo mai visto una soundbar che ne avesse così tanti. L’idea è rendere completamente inutile il subwoofer esterno. Sono poi presenti otto speaker full-range in alluminio: tre diffondono il suono anteriormente (uno è dentro la sfera), due lateralmente e due verso l’alto. Nell’insieme, il campo sonoro si presenta così:
- canale audio sinistro/destro (uno speaker ciascuno)
- canale audio centrale (sfera)
- due canali audio laterali (uno speaker ciascuno)
- due canali audio superiori (due speaker ciascuno)
- un basso (otto speaker)
Ed ecco a voi un campo sonoro con un sistema 5.1.2. Senza alcun accessorio, la Dione ha una potenza nominale complessiva di 950 watt. Per fare un confronto: l’’HT-A7000 della Sony, che ho testato recentemente, arriva a 500 watt. Se alla Sony aggiungi altri due altoparlanti posteriori e un subwoofer dedicato, ottieni un sistema 7.1.4 con 980 watt di potenza e un costo di quasi 2000 franchi.

Fonte: Devialet
Certo, la Dione non è piccola. È lunga 120 centimetri, profonda 16 e alta sette centimetri, a parte la sfera che raggiunge i dieci centimetri. Proprio perché è posizionata al centro della soundbar, nei televisori posizionati in basso la sfera può coprire il sensore a infrarossi e interferire con l’accensione / lo spegnimento dell’apparecchio. È quindi una cosa che devi considerare prima acquistarla, quando progetti gli ambienti.
Ma le notevoli dimensioni non danno solo svantaggi. Infatti gli speaker incorporati sono, di conseguenza, anch’essi grandi e hanno quindi un suono più pieno rispetto alle soundbar più piccole. Va poi detto che la Dione è bellissima: dei tessuti coprono tutti gli speaker davanti, sui lati e alle estremità laterali della parte superiore. I subwoofer nella parte centrale superiore, invece, sono coperti da una superficie opaca. La sfera, invece, conferisce alla soundbar Devialet il suo aspetto inconfondibile. Con 400 franchi in più, ti puoi persino comprare la versione in oro e bianco chiamata «Dione Opéra».
Insomma: una soundbar con stile.

Fonte: Luca Fontana
Tutti i connettori si trovano sul retro. Come nelle Sonos, ma diversamente dalle Sony, la selezione è tutt’altro che ampia. In pratica ci sono:
- 1 uscita HDMI 2.1 (compatibile con ARC e eARC)
- 1 ingresso ottico (Toslink)
- 1 LAN
- Bluetooth 5.0
- AirPlay 2
- Spotify Connect
- UPnP
È un vero peccato che la Dione non abbia altri ingressi HDMI a cui collegare dispositivi esterni. È una cosa che mi aspetto, in una soundbar di questa fascia di prezzo. Io ormai ho così tanti dispositivi esterni – dalla console di gioco esterna ai set-top box, fino al lettore Blu-ray UHD – che i quattro ingressi HDMI della maggior parte dei televisori ormai non mi bastano più.
Veniamo ora ai principali formati audio supportati. Questi sono:
- Dolby Atmos
- Dolby TrueHD
- Dolby Digital Plus
- LPCM
Basta. La Dione non riconosce il DTS:X, che è l’equivalente del Dolby Atmos di DTS, né il DTS Digital Surround. I Blu-ray UHD, in particolare, spesso utilizzano ancora formati DTS. E ben presto anche il servizio di streaming Disney+ offrirà una traccia audio DTS:X (articolo in tedesco) per i contenuti IMAX Enhanced. In realtà la soundbar di Devialet è in grado di gestire i formati DTS, ma in uscita li converte in un formato PCM 5.1.2 di qualità inferiore.
È grave? Mettiamola così: per il 90% della gente, la differenza percepibile sarà probabilmente minima o praticamente nulla. Io stesso mi accorgo della differenza solo se i missaggi audio sono davvero di alta qualità, il che non è assolutamente il caso di tutti i missaggi DTS:X o Dolby Atmos. Anche qui ci sono differenze di qualità. Chi però ha un orecchio davvero sopraffino e proprio per questo investe diverse migliaia di franchi in un impianto audio, rischia di restarci male. Adesso anche Sonos supporta il DTS Surround (di cui era priva, per molto tempo). Sony addirittura il DTS:X. Se sulla sua homepage, Devialet si pubblicizza apertamente come l’«interfaccia tra lusso e tecnologia d’, questo è un passo falso che il produttore francese non può permettersi.
Il sound: bassi alla massima potenza!
Una cosa che mi interessa capire bene: gli otto speaker del subwoofer all’interno della soundbar possono davvero sostituire un subwoofer esterno? Nella maggior parte delle soundbar le cose funzionano in questo modo: gli speaker, che in realtà dovrebbero coprire solo i medi e gli alti, diffondono anche i bassi. Spesso si sente che il carico è eccessivo. Se invece hai anche un subwoofer esterno che si occupa specificatamente dei bassi, gli altoparlanti della soundbar possono concentrarsi meglio su quello che è il loro vero compito: diffondere i suoni alti e medi. Il risultato è, quindi, da un lato un suono più limpido e non sovraccarico e dall’altro bassi molto più potenti. Ne avevo già scritto nella mia recensione del Sub Mini di Sonos. Ora però Devialet ha lasciato molto spazio all’interno della soundbar ai subwoofer aggiuntivi dedicati. Praticamente è un dispositivo all-in-one. Ma funziona davvero?
Cominciamo con il musical «The Greatest Showman». Già dalla prima inquadratura, i bassi echeggiano potenti dalla Dione. Il coro canta «Whoa-aaaa». La sagoma di P.T. Barnum appare in controluce, alle sue spalle il pubblico del circo batte a ritmo i piedi sulle tribune. Quindi tornano a dominare i bassi. Me li sento risuonare in testa e nello stomaco, ben definiti e corposi. Caspita, non credevo!
Dal video qui sopra non è possibile capire come si sente il suono in realtà. O meglio: come si «vive». Per chiarire quanto sia colpito: in questa scena i bassi prodotti dal Sonos Sub di mia proprietà sono a malapena udibili e percettibili. Per lo meno, dalle mie orecchie.
Passiamo al prossimo test. Poco tempo ho scoperto un nuovo film con uno straordinario missaggio audio: «Edge of Tomorrow». Racconta di una guerra contro invasori alieni che hanno la meglio sull’umanità. Ma una battaglia su una spiaggia francese cambierà le sorti della vicenda: Tom Cruise e una schiera di soldati saltano da un elicottero militare colpito, mentre questo si disintegra a centinaia di metri da terra con uno frastuono assordante, e si schiantano a terra.
C’è un gran caos. Terrore. Metallo dilaniato. Corpi umani in esoscheletri metallici vengono scagliati l’uno contro l’altro. Tutti urlano per paura di morire. Sento i proiettili degli alieni sfiorarmi con un sibilo. Nel mio salotto rimbomba il fragore di altre esplosioni. Le schegge mi mancano per poco. Altri non sono così fortunati. Ossa spezzate. Corpi schiacciati. Il basso tuona. I primi soldati sfortunati si schiantano sulla dura terra. Ora i nostri cominciano a rispondere al fuoco e i combattenti corrono verso morte certa, urlando e bestemmiando.
Il tutto senza strani stridori o distorsioni.
La qualità è buona? Di più: è eccezionale! Il sottofondo sonoro non risulta mai sovraccarico, nemmeno con i bassi al massimo, mentre i suoni alti e medi si distinguono sempre chiaramente dai bassi. Sono sbalordito. Il fatto che una singola soundbar possa suonare così bene va oltre quella che era la mia concezione di soundbar. L’unica cosa che mi manca ancora è la spazialità.
Non fraintendermi: la Dione non fa alcuna fatica a riempire di suoni i 35 metri quadrati del mio salotto. Ma sono suoni che provengono sempre e solo da davanti, ovvero dalla soundbar stessa. Naturalmente Devialet, come tutti i produttori, si fa bella con un termine markettaro come «Space», che lascia pensare che nella stanza siano presenti più altoparlanti di quanti non ce ne siano in realtà. Si tratta della cosiddetta manipolazione digitale del suono e non è nulla di eccezionale. Tutti i produttori usano tecniche e algoritmi nei loro dispositivi audio per ottenere il massimo dal suono riprodotto. Ma per avere suono davvero «surround», l’unica cosa da fare è piazzare degli altoparlanti fisici nei punti da cui vuoi che provenga il suono. Dietro di te. Di fianco a te. Sopra di te. Altrimenti da quelle direzioni non arriva nulla. Anche se il marketing ti racconta altro: non sono ancora stati inventati altoparlanti virtuali in grado di sostituire davvero quelli fisici.
Ultimo test: «Le Mans ’66 - La grande sfida» – film fantastico, tra l’altro. I freni di Miles si sono appena rotti. Disperato, lui cerca di frenare scalando le marce. Nonostante il rombo intenso, la Dione riproduce il frastuono del metallo in modo cristallino. Miles fa un testacoda. Le gomme stridono sull’asfalto. L’auto non si controlla. I barili pieni d’acqua che delimitano il tracciato vengono scagliati in aria con un sonoro «tummm». Non c’è niente da fare. Miles si schianta con l’auto contro un mucchio di terra. Boom! L’esplosione rimbomba nel soggiorno. Per un attimo sono anch’io sulla pista.
Mi stupisce, ancora una volta, come riesco a percepire ogni singolo suono, nonostante l’intensità del sottofondo sonoro. Che si tratti dei colpi disperati di Miles sui pedali, dei bruschi cambi di marcia, del ronzio dei dischi dei freni incandescenti, del sibilo del vento durante la marcia – nulla di tutto questo si perde, nonostante il rombo potente del motore che impegna a fondo gli speaker del subwoofer della Dione. Nemmeno i dialoghi. È davvero straordinario.
La musica: piena e ricca di sfumature
Naturalmente, puoi usare la Dione di Devialet anche senza guardare per forza roboanti invasioni aliene. Ad esempio, in combinazione con l’app Devialet per dispositivi Android o Apple e altoparlanti Devialet puoi creare un sistema multi-room per ascoltare la musica. L’applicazione in sé è minimalista, ma ordinata. Trovo però che sia un peccato non riuscire a controllare la musica direttamente dall’app. Anche se collego Spotify alla Dione, ad esempio, riesco a controllare dall’app soltanto il volume; per tutto il resto, ad esempio per cambiare brano, devo usare l’app di Spotify. Alla Sonos gestiscono la cosa molto meglio.
Ma torniamo alla musica. Per testarla, provo con «This is Berk» da «Dragon Trainer». Innanzitutto perché il brano ha un po’ di tutto: dai passaggi tranquilli e contemplativi, ai momenti d’azione epici e di grande intensità. Poi perché ho già ascoltato la musica di questo film decine di volte. Quindi so esattamente come deve suonare ogni singolo passaggio. Dove devono rimbombare i bassi. Dove mi piace sentire quell’intensità in più.
Anche in questo caso, il video non rende giustizia a ciò che sento. L’amalgama di suoni è troppo epico per la mia povera fotocamera ultra-sollecitata. La Dione, invece, non fa una piega. Gli ottoni interpretano il tema di Berk scandendo deliberatamente ogni singola nota. Con vigore. E possenza. Il motivo che esce dalla Dione mi risuona direttamente nello stomaco. Ecco che spunta un clarinetto. O almeno mi sembra. Poi gli archi. Ascolto la loro melodia. Una melodia che ti fa stare bene. Le percussioni in sottofondo scandiscono dolcemente il ritmo. Un coro di voci femminili, al culmine della loro estensione, dà al tutto un tocco celestiale. La gamma di suoni è ricca e complessa.
Poi arrivano i passaggi d’azione. Le percussioni rimbombano ed echeggiano in sottofondo con tutta l’intensità di cui sono capaci I medi della Dione si riempiono il soggiorno. Le percussioni evolvono in un crescendo, così come i bassi della Dione. Un coro maschile di voci profonde e tonanti esplode, selvaggio e indomito. Mi sembra di trovarmi al centro di un villaggio di vichinghi pazzi, che cavalcano draghi.
È ora di trarre le conclusioni.
Il mio verdetto: un pacchetto costoso ma potente
Parto dicendo che, quando Devialet mi ha chiesto di provare la Dione, ero scettico. Soprattutto a causa del prezzo: 2400 franchi al momento del test. Anche nel caso di Sonos, Sony e Samsung sono disposto a sborsare una cifra del genere solo per sistemi audio surround completi, non per una semplice soundbar. La Dione è sicuramente una delle soundbar più costose in circolazione.

Fonte: Luca Fontana
Il mio scetticismo, però, nel frattempo si è trasformato in entusiasmo. La sua architettura batte di gran lunga quella di tutte le soundbar che ho provato finora. Soprattutto grazie ai subwoofer dedicati. Insieme al resto degli speaker, creano paesaggi sonori non solo in grado di riempire grandi salotti, ma che non risultano mai eccessivi. Per contro, raramente mi è capitato di sentire una gamma di suoni così ricca di sfaccettature senza l’ausilio di alcun dispositivo aggiuntivo. Qui nessuno batte Devialet.
Raccomando quindi la Dione senza riserve? Sì e no. Anche con la Dione non riesci a ottenere un suono surround. Con o senza manipolazione del suono. E non è nemmeno espandibile per l’home cinema: si possono aggiungere altoparlanti extra per l’ascolto della musica solo all’interno di un sistema multi-room. Quindi, se sei tra quelli che mentre guardano «Avatar», anche nel bel mezzo della giungla bioluminescente di Pandora vogliono sentire fruscii e sibili provenire da tutti gli angoli del salotto, la Dione non fa per te. Se invece hai progettato la tua stanza senza prevedere un’infinità di altoparlanti o subwoofer davanti, dietro e di fianco a te, ti dirò che nulla di quello che ho provato finora ha la stessa qualità del suono della Dione di Devialet.
Immagine di copertina: Luca Fontana

La mia zona di comfort consiste in avventure nella natura e sport che mi spingono al limite. Per compensare mi godo anche momenti tranquilli leggendo un libro su intrighi pericolosi e oscuri assassinii di re. Sono un appassionato di colonne sonore dei film e ciò si sposa perfettamente con la mia passione per il cinema. Una cosa che voglio dire da sempre: «Io sono Groot».